Che ne sarà della nostra collezione?

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Collezioniamo i nostri oggetti preferiti, nel caso specifico immaginette religiose, da molti anni; rincorriamo il pezzo raro che da sempre desideriamo collocare nel nostro album; discutiamo con amici e familiari, che spesso ci rimproverano – a volte con facile ironia – per i soldi che “buttiamo” per alimentare la nostra passione.

Soprattutto in tempi di crisi, può apparire un vero spreco, spendere dei soldi per acquistare dei santini. Ma, a meno che la passione non degeneri in una vera ossessione di natura patologica, essa non è poi così diversa da altre pratiche che possono essere considerate superflue o inutili da chi non le condivide.

In fondo, essenzialmente, i soldi servono per vivere e… per pagare le tasse. Ma, escluse quest’ultime, che purtroppo non si possono evitare, i soldi possono servire anche a vivere meglio. Ognuno di noi faccia il suo elenco mentale delle cose essenziali. Quindi, pensi, nel caso gli riesca di risparmiare qualche euro, a come potrebbe spenderlo, per sentirsi ancora meglio:  un libro, una cena al ristorante, una giocata al Totocalcio, una serata al cinema o in teatro, … (riempite pure i puntini a vostro piacimento).

Ebbene, qualcuno – come il sottoscritto – quando riesce ad avere soldi in più (quasi mai, in verità), preferisce acquistare qualche immaginetta da inserire nella collezione, da ammirare e studiare.

Non voglio fare discorsi su ciò che l’oggetto della propria passione provochi nella mente del collezionista. Psicologi anche illustri ne hanno trattato in centinaia di pagine, giungendo a volte a conclusioni del tutto opposte. Una questione però me la sono posta e voglio girarla agli amici collezionisti che stanno leggendo questo post: cosa ne sarà della nostra collezione un domani (speriamo il più lontano possibile) che non ci saremo più?

Chi, come me, ha figli, si augura che prima o poi maturino la stessa passione e continuino a coltivarla anche in futuro. Ma il timore che tuo figlio, o tuo nipote, venda tutto alla prima occasione propizia e trasformi in denaro tutti quei rettangoli di carta accumulati in tanti anni, è piuttosto concreto. Come concreto e ahimè terribile appare il sorriso ironico di quanti ci ripetono continuamente: ma che cosa te ne fai?

Un’alternativa sarebbe imitare alcuni di loro: spendere i nostri soldi “in più” andando al ristorante.
Almeno, potremo dire, quando sarà (sempre il più tardi possibile) di lasciare questa terra sazi e contenti! Forse…

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5 risposte

  1. marcello canetto

    E SI… CHE CI HO PENSATO,ANCHE PERCHE’ I MIEI FIGLI,NON SI INTERESSANO MINIMAMENTE,AHIME CON GRANDE DISPIACERE E DISAPPUNTO!! VUOL DIRE CHE FINIRANNO…..DOVE?BOH UN BEL DILEMMA

    • Gian Piero Pacini

      Quella descritta è la fine naturale più frequente. Del resto le scelte e le tendenze dei genitori vengono quasi regolartmente disattese. Cito ad esempio ciò che molti genitori fanno per continuare la loro opera produttivo/remunerativa rinnegata frequentemente. Allora, visto che il collezionismo è una tendenza gratificante per chi lo esercita, se ne godano gli effetti per tutta la sua durata e magari, in tempo utile, si ceda il materiale al migliore offerente per godersi serenamente una vecchiaia dignitosa. Attorno, ci sono una miriade di interpretazioini e la ricerca della migliore è un fatto strettamente soggettivo. Auguro sinceramente un buon proseguimento a seguito della scelta giusta (?)!

  2. paolo

    saluti a tutti voi,
    posso parlarvi della mia esperienza in campo “santini”,io non ho mai raccolto immaginette seriali e neppure moderne,colleziono da tantissimi anni,quando iniziai vi era ancora la vecchia e gloriosa lira ed i santini si potevano comperare ad un prezzo ragionevole poi avvenne una esplosione di richieste e ai convegni e ai mercatini su tutti i banchi trovavi album di santini a prezzi elevati anche per i piu’ comuni…..poi da un anno o due il boom è cessato ora oltre a trovarne di meno in giro anche i prezzi si sono calmati.
    ma questo l’avete notato tutti.
    Per tornare che fine faranno i nostri santini,vi posso dire che anche a mio figlio ed ai miei nipoti non interessano affatto,( data la mia età e sapendo di non essere immortale)preferisco vedere di persona dove finiscono,allora io piano piano me li sto vendendo,ma come si sa quando si vendono le collezioni purtroppo non ci si guadagna mai….anzi….
    HO venduto tre mila S.ANTONIO tutti assieme,molti dei quali col pizzo,incioni,stampe e tutti i santini erano d’epoca, ad un prezzo minimo, ma contento perché ho visto dove FINIVANO………….

  3. Maria Grazia Reami Ottolini

    Scusate se avete già letto un mio scritto simile perché l’ho postato proprio ieri sul medesimo quesito chissà dove letto. Comunque vorrei informare chi non volesse vendere, o svendere, la sua collezione, che può lasciarla al Museo del Paesaggio Verbania che dal 1976 raccoglie i santini, li cataloga, li studia, li conserva per le generazioni future. Una studentessa di Pavia si è laureata già qualche anno fa con una tesi su quella collezione che attualmente ne annovera 120.000.
    La stessa domanda l’hanno posta alla redazione di Santini et similia e io ho risposto nel n. 68 con un lungo scritto che citava Manzoni come sponsor del termine “santino” che l’Autore introduce nel capitolo IX, raccontando della monaca di Monza:
    “Il principe suo padre (…) la chiamò Gertrude. Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si diedero in mano; poi santini che rappresentavan monache”.
    Per questa citazione e qualche altra considerazione sul Manzoni, ora l’articolo è entrato nella Biblioteca del Centro Studi Manzoniani, portandovi la nostra passione di collezionisti. I posteri sapranno quindi che oltre a plagiare fanciulle per costringerle a prendere il velo, i santini avrebbero in seguito
    suscitato passioni collezionistiche di tutto rispetto. Sarebbe molto bello che molte di quelle collezioni confluissero in un unico luogo a formare una grandissima raccolta pubblica. Il tempo dei musei è infinitamente più lungo di quello del singolo collezionista e non rischia dispersioni o dismissioni.
    Prego quindi coloro che avessero dubbi sul futuro della loro raccolta, di informarsi e magari prendere contatti con il museo stesso.

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