Il mondo della religiosità popolare è spesso caratterizzato da fenomeni dove il confine fra fede e superstizione risulta piuttosto labile e sottile.
Accade così che la preghiera si confonde con gli scongiuri, i santini e le medagliette devozionali vengono utilizzati come talismani per scacciare demoni e malocchio.
La forza taumaturgica e antimalefica dell’immagine di Sant’Anastasio è riconosciuta addirittura negli atti del Concilio di Nicea (325 d.C.).
La sua testa – “a’ capa” come diciamo al Sud – impressa sulle medagliette votive oppure inserita all’interno dei settecenteschi breverl era ritenuta un potentissimo scacciademoni.
E non si pensi a tempi molto remoti. La medaglietta votiva che vedete nella foto, realizzata in umile stagno, è stata usata fino a tempi più recenti per gli stessi motivi.
Ma come ha potuto diffondersi in Europa, e in Italia, con tale prepotenza il culto per un santo di origine persiana?
Il suo vero nome era infatti Magundat e appartenne all’esercito persiano. Anastasio (Risorto) è il nome che acquisì il giorno del suo battesimo cristiano. Non solo scoprì e abbracciò la religione cristiana, ma ne fece una ragione di vita entrando in monastero.

Fu durante la sua nuova vita che, rifiutandosi di rinunciare alla fede cristiana, fu torturato e infine decapitato.
Qualcuno recuperò la sua testa e la trasportò a Roma, presso il Monastero delle Acque Salvie e raccontò la sua storia e i suoi poteri taumaturgici.

In seguito, durante il Concilio di Nicea fu ufficialmente riconosciuto che la sua immagine aveva il potere di proteggere dal male e di tenere lontani i malefici.
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angela
bellissimo grazie