Il “santino” nella lingua italiana

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Sembra che il termine “santino” abbia fatto la sua apparizione nella letteratura italiana nel 1736, in un libro di raccolta di lettere. Il volume in questione si intitola appunto Lettere del conte Lorenzo Magalotti gentiluomo fiorentino dedicate all’ill.mo e clar.mo sig. Senatore Carlo Ginori, cavaliere dell’Ordine di S. Stefano, segretario delle riformagioni e delle tratte, appresso Giuseppe Manni, Firenze, 1736.

Il riferimento all’opera si trova alla voce “santino” sul Dizionario della Lingua Italiana, edizione 1819-1924, stampata dai Fratelli Masi di Bologna. Si legge: «SANTINO. Immaginetta di Santo stampata in legno, o in rame, e per lo più miniata».

Ciò è molto importante, perché ci consente di fare le seguenti considerazioni.
Agli inizi del XIX secolo, per santini si intendevano le piccole immagini raffiguranti santi, stampate in legno (le xilografie) o in rame (le incisioni a bulino o all’acquaforte), per lo più miniate.

Per lo più miniate” dev’essere inteso nel senso che, in genere, queste immaginette erano “colorate a mano“, il che non esclude che ve ne fossero anche in bianco e nero, come ben sappiamo.

Teniamo presente che, ancora nel 1824, le tecniche di stampa più utilizzate erano l’incisione su rame e in parte la xilografia (quella su legno di testa); mentre era da poco stata sperimentata la siderografia. Non esisteva invece la litografia e i suoi derivati, né la fotografia.

Dal punto di vista iconografico, le raffigurazioni riguardavano i santi, ma ovviamente anche le sante. Faccio quest’ultima precisazione, perché c’è ancora qualcuno che fa la distinzione fra “santino” e “santina”, a seconda che il soggetto raffigurato sia un uomo o una donna.

Alla stessa voce del menzionato dizionario, è riportato un ulteriore significato: «Santini, diconsi anche Quelle figure, che rappresentano i fatti della Bibbia».
Quindi, sotto l’aspetto iconografico, ai santi e alle sante, vanno aggiunti i personaggi del Vecchio Testamento (Mosè, Noè, Elia, etc.) e ovviaente quelli evangelici, in primis Gesù e Maria Vergine.

Ma torniamo al libro delle lettere del conte Magalotti del 1736. In una delle lettere inviata dal conte all’amico Mons. Leone Strozzi (1637-1703), a pag. 118 del citato volume, si legge

«Non mi dimentico de’ santini, che vi ho promessi: ma giacchè i miei Pittori, a’ quali ne avevo dato l’incumbenza, per la frugola, che hanno, di terminare il lavoro della seconda Camera, non ci hanno ancor messo mano, non sarebbe egli bene, che voi mi mandaste in un foglio il testo del Libro, ove vanno inseriti, e di più una mostra della qualità della carta? queste sono finezze, che non tutti ve le faranno»

Appare evidente, dunque che il termine – come già accennato – fosse già diffuso agli inizi del XVIII secolo. Ma, dal testo sopra riportato ricaviamo anche altre informazioni. Per esempio: il conte ha intenzione di regalare all’amico Monsignore dei santini di qualità. Il conte infatti dice di avere affidato il compito ai “pittori”.

Ciò fa pensare che si trattasse di incisioni in bianco e nero che avrebbero dovuto essere colorate a mano; oppure di miniature, il che significherebbe che i pittori avrebbero dovuto realizzare il santino interamente a mano. I santini in questione servivano per illustrare un libro e, perciò, egli chiede all’amico di fornirgli il testo del libro, dove vanno inseriti. Forse per capire il soggetto da realizzare? Circostanza che sembrerebbe confermata dall’ulteriore richiesta di procurargli anche un campione della carta.

Se così fosse – ma non lo sapremo mai – vorrebbe dire che si tratterebbe di santini, realizzati a mano (miniature) assolutamente italiani. Roba da far galoppare l’immaginazione di ogni collezionista.

Le immaginette che state osservando (tre incisioni e una miniatura) sono tutte le periodo in questione (prima metà del XVIII secolo) e, ovviamente, hanno solo scopo illustrativo.

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  1. FRISON CARLUCCIO

    Ciao Biagio, sempre interessante i tuoi post…
    Posso però permettermi, da prof. di Lettere in pensione, di fare una piccola precisazione sull’etimologia del termine “santino”.
    Anche se, come hai scritto bene tu, risulta riportato in molti dizionari che il termine “santino” entra nell’uso letterario nel secolo XVIII, la sua comparsa nell’uso parlato e scritto è senza dubbio da retrodatare almeno di un secolo.
    Nel sistemare le mie incisioni sei/settecentesche di San Carlo Borromeo, mi sono interessato all’attività di alcuni incisori che operavano a Roma nei primi anni del Seicento. Di alcuni di questi incisori, sono stati pubblicati i loro contratti, tra cui testamenti, rogiti, ecc. In questi contratti, databili ai primi anni del XVI secolo, compare già usato la parola “santino” per indicare “rami” o incisioni in 4°, di piccolo formato, che raffiguravano Santi e Sante. Ho anche potuto leggere di un contratto tra la Congregazione dell’Oratorio che nel 1615, per la beatificazione del loro fondatore San Filippo Neri, affidavano l’incisione e la stampa di un “santino” che doveva raffigurare un miracolo di San Filippo, ad un incisore fiammingo che aveva la sua bottega a Roma.
    Come sai, è l’uso che fa la “grammatica” italiana: le prime attestazioni letterarie del termine “santino” e il relativo inserimento del lemma nei Dizionari italiani sono ascrivibili al Settecento, ma è senz’altro al secolo precedente che si deve l’uso del termine nella lingua parlata e nei documenti commerciali.

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