“Salva e benedici, Dio, il Duce nostro”

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Come gli amici filiconici ben sanno, la propaganda del regime fascista utilizzò anche strumenti mediatici, allora ancora molto potenti ed efficaci, come le immaginette religiose. In una popolazione a maggioranza cattolica significava raggiungere le anime, e le menti soprattutto, di quasi tutti gli italiani.

E se l’immagine, com’è noto, esercita da sempre un forte impatto agli occhi di chi “deve” recepire determinati messaggi, non lo è da meno il contenuto dei medesimi.

Nel 1927, il regime fascista regge l’Italia già da cinque anni. I rapporti dello Stato con la Chiesa si sono quasi normalizzati, grazie appunto alla “lungimiranza” di Mussolini, che comprese quanto fosse conveniente e opportuno avere dalla propria parte il mondo cattolico.

A tale scopo, il governo fascista aveva già avviato una serie di riforme – che prevedevano fra l’altro lo stanziamento di diversi milioni di lire a favore della Chiesa – che dovevano consolidarsi definitivamente con i famosi Patti Lateranensi del 1929.

L’immagine che vedete fu realizzata dal pittore e illustratore Ettore Pennetta proprio nel 1927.

Racchiusa fra due colonne, con i fasci romani in alto, la croce con la scritta “IN HOC SIGNO VINCES“, che richiama la celebre scritta che apparve all’imperatore Costantino prima della battaglia contro il rivale Massenzio. Costantino vinse la battaglia e trasformò l’impero da pagano in cristiano: da allora quella  cristiana fu religione di Stato.

Curioso (?) appare dunque il parallelismo fra i due imperi: entrambi si servirono del cristianesimo per consolidare il proprio potere.

Ma l’elemento più interessante, nel caso specifico, è rappresentato dalla preghiera, composta appositamente dal poeta Ugo Ghiron (1876-1952).

Di seguito, potete leggerne il testo per intero, cliccando sull’immagine

Il titolo è “Preghiera per la Patria” ma, come noterete, ogni strofa è un inno al regime fascista. Dio deve benedire la Patria e proteggere e rendere “invincibili i nostri eserciti”.

Dopo aver chiesto una benedizione speciale per il Re, la parte più importante della poesia è dedicata a “lui”

Salva e benedici, Dio, il Duce nostro, al cui cenno
– per la vita e per la morte – tutti,
come un sol uomo siam pronti,
però che Egli disse all’Italia prostrata:
– Sorgi e Cammina -,
e tutte Egli tiene entro il suo pugno le anime nostre.

Il tono è tale che  la figura del duce sembra confondersi – volutamente – con quella di Dio.

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