San Malachia e le (false) profezie sui Papi

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Nel 1595, l’editore e monaco benedettino Arnoldo Wion, pubblica a Venezia un’opera molto particolare, dal titolo Lignum Vitae ornamentum et decus Ecclesiae, ovvero “L’albero della vita, ornamento e decoro della Chiesa”.

La particolarità è rappresentata da uno dei cinque libri di cui è divisa l’opera, nel quale è contenuta la Prophetia de summis pontificis, vale a dire l’elenco di 111 motti che si riferiscono ai Pontefici che furono eletti a Roma, a partire dal 1143 (anno in cui salì al soglio pontificio Celestino II).

Ebbene, facendo i calcoli, e discorrendo sui motti, si nota che l’ultimo papa in elenco, indicato con il motto “Gloria olivae“, dovrebbe essere Benedetto XVI. Dal significato letterale del motto (“Della gloria dell’Ulivo”) non si comprende che attinenza possa avere con Joseph Ratzinger. Ovviamente, i sostenitori e appassionati complottisti si sono scatenati nelle più diverse interpretazioni.

Certamente, gli eventi che hanno caratterizzato il pontificato di Benedetto XVI sembrano dare linfa vitale alla profezia, qualunque significato essa abbia. Ricordiamo che Papa Joseph Ratzinger si è dimesso, il che rappresenta un fatto sicuramente straordinario (l’altro caso celebre è quello di Celestino V).

Ma l’elenco di Malachia si conclude in maniera piuttosto inquietante.

Dopo aver indicato (?) i 111 pontefici con brevissimi motti, il profeta così dichiara: “Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge tra tante tribolazioni. Una volta concluse, la città dei sette colli cadrà e il Giudice tremendo giudicherà il suo popolo. Amen“.

I fatti hanno dimostrato che dopo Benedetto XVI non c’è stato nessun Pietro II, o Romano, bensì Francesco I, che non è italiano, bensì argentino (si certo, di origini italiane!). E comunque la Chiesa sembra che goda ancora di ottima salute, malgrado le “tribolazioni” che riesce a gestire alla grande.

Nonostante vi sia ancora qualcuno – ahimè! anche fra gli intellettuali a quanto pare – che sembrerebbe dar credito alla Profezia, gli studiosi hanno abbondantemente dimostrato che si tratta di un falso. In pratica, non solo il povero Malachia di Armagh non ha mai scritto, né pronunciato alcuna profezia, ma – come accade di solito anche nei vari segreti mistici – il fatto che gli eventi profetici siano descritti in maniera oscura, da richiedere degli interpreti, la dice lunga sulla loro validità.

Peraltro, dei 111 motti, 75 sarebbero stati formulati successivamente, mentre i restanti 36 sarebbero riferiti alle elezioni future, cioè dopo il 1590.

Un fatto è certo: ogni motto profetico  – e guarda caso i più ermetici sono proprio quelli posteriori alla pubblicazione del libro – abbisogna di interpretazione da parte di “specialisti”. Non si capisce come mai le profezie siano sempre così oscure. Mai che un profeta parli chiaro!

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  1. angela rotundo

    Io credo che i profeti abbiano parlato molto chiaro il fatto è che l’uomo non sempre accetta la verità così come è quindi la si traduce a proprio uso e consumo secondo la propria convenienza l’articolo molto interessante grazie

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