Senza soldi non si canta messa

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Secondo un’ antica consuetudine, in virtù di una speciale indulgenza concessa dai Pontefici ad alcune chiese di Roma, offrendo l’elemosina di uno scudo, era possibile far celebrare una messa cantata che avrebbe liberato l’anima di un defunto dal Purgatorio per farla andare subito in Paradiso.

La messa – privilegiata sia perché si poteva celebrare in una chiesa che avesse ricevuto il menzionato privilegio sia per lo speciale risultato che con essa si otteneva – era anche cantata e aveva la particolarità che si potesse celebrare in favore di defunti le cui famiglie non erano molto facoltose. Ci si rivolgeva dunque al bussolante, ovvero l’incaricato a ricevere gli scudi nella bussola (la cassetta delle offerte), il quale rilasciava regolare ricevuta.

Quelle che state osservando sono proprio due ricevute: la prima datata 24 settembre 1710, per una messa da celebrarsi presso l’Altare Privilegiato del Cimitero di San Lorenzo Fuori le Mura, come si può leggere nel testo accompagnato da una stupenda xilografia raffigurante appunto San Lorenzo

la seconda, del 5 ottobre 1745, rilasciata dal bussolante della privilegiatissima Chiesa di San Gregorio, raffigurato nella xilografia a sinitra del testo.

Le ricevute erano dei prestampati, nel caso specifico su carta vergellata coeva, che andavano compilati inserendo i dati dell’offerente, del defunto, della data in cui veniva fatta l’elemosina, con la firma di chi riceveva lo scudo.

In proposito, ho voluto anche riportare un divertentissimo sonetto del poeta Gioachino Belli, datato 26 aprile 1834, che racconta proprio di una messa “d’un scudo de valore”, non andata però a buon fine, in quanto il sacerdote, dopo la celebrazione, si era accorto che la moneta era falsa. Il sonetto, scritto naturalmente in romanesco ma comprensibile, si intitola “La Messa de San Lorenzo

Un giorno, a Ssan Lorenzo, entrò un ziggnoree/ aggnéde in zagristia co un colonnato,
acciò un prete sciavessi/ scelebbrato una messa d’un scudo de valore.
Er prete in ner momento fu ttrovato:/ la messa se cantò a l’artar-maggiore;
e un’anima purgante ebbe l’onore/ de volà in paradiso a bbommercato.
Ma appena er prete se cacciò la vesta,/ accortose la piastra ch’era farza,
attaccò un Cristo, e ffesce una protesta. E ll’anima sarvata ebbe er martorio,
stante la messa che nnun j’era varza, de tornassene addietro in purgatorio.

Le messe per l’anima dei defunti si celebrano anche oggi, anche se – mi pare – non venga più rilasciata alcuna ricevuta.
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