La leggenda dell’ebreo errante

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Nell’ambito dell’iconografia popolare religiosa troviamo un personaggio molto noto, che non è un santo, ma ha a che fare direttamente con Gesù. Il suo nome cambia a seconda del paese  dove la sua leggenda ha attecchito.

In Italia è conosciuto come Malchus e, in alcune zone, anche con il nome di Buttadeus (Bottadio); in Inghilterra, a partire dal XIII secolo, si racconta di lui chiamandolo Carthafilus, mentre in Germania è definito Der Ewige Jude (l’eterno ebreo) e nella tradizione gli viene attribuito il nome di Ahasver.

Non so quanti conoscano la leggenda dell’ebreo errante, di sicuro in passato ha avuto una enorme popolarità e diffusione in tantissimi paesi – a parte quelli già menzionati – dalla Francia alla Russia, dai paesi fiamminghi fino agli Stati Uniti d’America, dove è presente – incredibile ma vero – nei racconti di alcune  tribù indiane.

L'ebreo errante in una xilografia popolare fiamminga

La leggenda (della quale esistono diverse versioni, più o meno identiche, a seconda dell’area di diffusione) si fonda su un episodio pseudo-evangelico: mentre Gesù porta la  croce verso il luogo dove sarebbe stato crocifisso, cade a terra sotto il peso del pesante legno, spossato dalle sofferenze subite. Un ebreo assiste al fatto e, prendendosi gioco di Gesù, lo deride dicendogli: «alzati e vattene da qui!». Gesù gli risponde: «Io me ne vado, ma tu dovrai attendermi qui, fino al mio ritorno».

Da allora l’ebreo è condannato a vagare in eterno, per ogni luogo della terra, per tornare ogni cento anni, a Gerusalemme, sul luogo preciso dove aveva incontrato Gesù. Non trovandolo, ricomincia a errare nella speranza dell’incontro.

Nata come tradizione orale, la leggenda fu trascritta a partire dal secolo VII da alcuni monaci cistercensi. Fu ripresa – ovviamente – dall’iconografia popolare che, a seconda dell’area di diffusione, ha raffigurato il personaggio con sembianze e modi differenti: dal vecchio cencioso al viaggiatore esperto.

L’immagine che potete osservare, è una xilografia popolare su carta, con coloritura a mano, è stata pubblicata dall’editore fiammingo P. J. Brepols (1778-1845)  di Turnhout (Belgio) agli inizi del XIX secolo.

Come si legge, essa riprodurrebbe il “vero ritratto” dell’ebreo errante, così come fu visto passare a Bruxelles, il 22 aprile 1774.

Attorno al personaggio in primo piano, in alto a sinistra: Gesù da una porta socchiusa di una capanna, maledice l’ebreo. In alto a destra: Gesù cade sotto il peso della croce e un uomo  lo aiuta a rialzarsi. In basso a sinistra: l’ebreo errante racconta a un gruppo di borghesi la sua triste storia. In basso a destra: una donna inginocchiata sui gradini di una cappella, prega davanti alla statua della Vergine.

Potremmo liquidare la storia come uno dei tanti miti sugli ebrei che da secoli, a partire dalle prime crociate, alimentano l’antisemitismo. Oppure potremmo scorgervi il mito dell’immortalità dell’uomo, sulla terra.

Siamo proprio sicuri che vivere in eterno sarebbe una grazia e non una condanna?

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  1. Angela Rotundo

    Non avevo mai sentito parlare dell’ebreo errante, comunque come può Gesù che si è fatto mettere in croce per i nostri peccati maledire un uomo?

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