I martiri di Ceuta: eroi della fede o folli kamikaze?

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Il martirio di San Daniele Fasanella e di un compagno a Ceuta, in una incisione secentesca. Produzione tedesca.
Il martirio di San Daniele Fasanella e di un compagno a Ceuta, in una incisione secentesca di produzione tedesca.

Nel 1227, sette confratelli del protoconvento di Castrovillari (Calabria), decidono di recarsi in missione fra le popolazioni islamiche. I loro nomi sono: Samuele Giannitelli, Angelo Tancredi, Donnolo Orinaldi, tutti e tre da Castrovillari; Daniele Fasanella da Belvedere Marittimo; Leone Somma e Nicola Abenante da Corigliano Calabro; e infine, Ugolino da Cerisano. Tutti santi, proclamati tali nel 1516 da Papa Leone X.

Le loro vicende sono poco note, così come quasi sconosciuti appaiono i loro nomi. La Chiesa li ricorda il 10 ottobre, come Martiri di Ceuta, ma vi sfido a trovare un calendario che riporti in quel giorno i loro nomi.

Ma torniamo al racconto.

Dopo aver avuto il consenso del padre provinciale, Pietro Cathin, i sette guidati dal frate Daniele Fasanella dapprima  si recano ad Assisi, quindi raggiungono la Toscana, dove ricevono la benedizione di Frate Elia prima di partire per la Spagna e raggiungere Tarragona. Da lì si imbarcano per il Marocco, terra con popolazioni di chiara fede islamica, alla volta di Ceuta. La missione è proprio quella di diffondere il Verbo di Gesù Cristo fra gli infedeli Musulmani.

L’idea, seppur eroica, è poco brillante. Infatti, appena si diffonde il motivo della loro presenza in città, vengono fatti arrestare e processati dall’autorità locale. Il giudice li invita invano a rinnegare la loro fede, ma loro rifutano. La condanna a morte è inevitabile: la pena è la decapitazione.

Viene da fare una considerazione: mutuando i termini e soprattutto  i tempi, immaginatevi oggi che un gruppo di frati cattolici si rechi nei territori occupati dall’Isis e inizi a predicare il Vangelo. Voi cosa pensereste?  Come minimo: “in fondo se la sono cercata…”

Qualcuno dirà che oggi i cristiani che muoiono per mano dell’Isis ci sono davvero. Ma si tratta di persone appartenenti a comunità già presenti in quei luoghi. Si può dire lo stesso di tutte le vittime dei recenti attentati.

La domanda allora è: chi nella consapevolezza di andare incontro a morte certa si recasse di proposito in luoghi abitati da popolazioni di fede dichiaratamente diversa e, professando la fede cattolica, venisse ucciso, sarebbe un vero martire?

La questione non è nuova e una risposta  fu data nel 1691, nella sua Histoire ecclésiastique, précédée du Discours sur cette histoire, dall’abate (oltreché storico e avvocato) francese Claude Fleury, il quale parlando proprio a proposito dei martiri di Ceuta così scriveva: « Que’ Frati Minori che si fecero ammazzare a Marocco, ed a Ceuta,  non sarebbono stati giammai riconosciuti da S. Cipriano per Martiri ».

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