Facciamo bene adesso che havemo tempo

Nel 1587 giunse a Roma, di ritorno da Gerusalemme, innanzi al Pontefice Sisto V, un religioso calabrese – era nato a Cetraro nel 1542, ultimo di sei fratelli, da Marco Rossi e Stella Salpa – di nome Albenzio de Rossi. Lo precedeva la sua fama di uomo estremamente pio e vicino ai poveri, agli umili e agli ammalati. Per tre anni aveva vissuto e operato a Loreto, presso lo “Spedale della Santa Casa”, dove – a detta di alcuni agiografi – fu molto amato. Il suo motto, ripreso da San Paolo, era “Facciamo bene adesso che havemo tempo“.

A Gerusalemme ricevette un prezioso dono da un cristiano di origine greca: un’antica immagine della Vergine con Bambino. Pare che custodisse molto gelosamente la sacra icona, tanto da mostrarla a nessuno.

Con il consenso del Papa, eresse in un prato sito in Porta Angelica una piccola cappella dedicata all’Ascensione del Signore, alla quale fu presto annesso un ospizio per l’accoglienza dei pellegrini, che giungevano a Roma.

Agli inizi di aprile dell’anno 1606, all’età di 64 anni, si ammalò gravemente. Consapevole di essere giunto alla fine della sua esistenza terrena, chiese ai confratelli che gli portassero la Sacra Immagine della Vergine, che custodiva nella sua cella. Avutala con sé, la pregò con ardore, quindi la affidò alla cura dei confratelli, raccomandando loro di custodirla e di pregarla nei momenti di bisogno.

Frate Albenzio de Rossi morì il 19 aprile 1606.

L’11 giugno 1618, si verificarono dei miracoli, che furono attribuiti alla Sacra Immagine. Con l’aiuto dei fedeli, e delle loro elemosine, i confratelli eressero una Chiesa che dedicarono proprio alla Madonna delle Grazie in Porta Angelica (il nome era dovuto alla presenza di due angeli scolpiti).

Oggi la chiesa non esiste più, perché abbattuta nel 1939. L’immagine originale della Vergine fu trasferita, con il resto degli arredi, nella nuova chiesa parrocchiale al Trionfale, mentre in Borgo Angelico, laddove sorgeva l’antica chiesa, fu eretta un’edicola con il mosaico che riproduce l’antica immagine.

Del Venerabile Albenzio de Rossi non esistono immaginette, così come rarissime incisioni lo ritraggono. Pare che un suo ritratto si trovasse nella sacrestia della chiesa in Porta Angelica e non sappiamo se sia stato distrutto con l’abbattimento di essa. In rete circola un’unica immagine che gli viene attribuita.

Lo storico Domenico Martire, nell’opera La Calabria Sacra e Profana, afferma di aver visto con i propri occhi tale ritratto e così descrive l’aspetto del frate cetrarese: «egli fu di giusta statura, di testa alquanto grande, con capelli alquanto neri, e nella vecchiaia canuti, di fronte larga, di faccia rotonda alquanto grascia, di colore olivastro: con occhi neri e grandi, con ciglia inarcate, con orecchi mediocri, naso proporzionato, che tirava all’aquilino, con bocca grande e con labbra grosse, mento lungo e peloso, e però era la barba lunga e tonda: il collo era corto, le spalle col petto larghi».

L’incisione su rame che state osservando, risalente al XVII secolo, appare molto interessante, non soltanto perché riproduce l’icona della Vergine, ma perché potrebbe contenere anche il ritratto del frate calabrese. Nel caso specifico, potrebbe essere il frate raffigurato a destra (per chi guarda) che ha le mani incrociate sul petto.

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