La vita è fatta a scale… Un memento mori

“La vita è fatta a scale, c’è chi scende e chi sale“. Il motto, celebre quanto apparentemente banale, è noto a tutti: alzi la mano chi non l’abbia detto almeno una volta! Di solito lo si pronuncia per spiegare che la vita è fatta di alti e bassi, che le cose non possono andare sempre bene, che si può salire in vetta e avere successo, ma si può anche cadere e toccare il fondo, etc. etc.

Forse, molti non sanno però che esso esprime anche un memento mori. Ce lo ricorda un’antica incisione firmata Nicolas Visscher de Jonge (Amsterdam, 1618-1679), pubblicata intorno alla metà del XVII secolo.

L’incisione – che potete osservare in questa siderografia tratta da un’edizione del 1883 – il cui titolo fiammingo TRAP DES OUDERDOMS sta a significare più o meno “le scale della vita”, raffigura l’intero ciclo della vita dell’uomo, dalla nascita alla morte.

La vita è distinta in dieci fasi diverse, dieci periodi: da 0 a 10, a 20, a 30… fino a 100, per chi ha la fortuna e la forza di arrivarci. Se notate bene, alcuni gradini sono più alti, altri più bassi. Per esempio, i primi dieci anni sono rappresentati da un gradino enorme. Infatti, gli anni dell’infanzia erano per l’epoca una fase molto difficile da attraversare: a parte l’elevato tasso di mortalità dei neonati, le tante malattie che colpivano bambini e adolescenti rappresentavano una selezione naturale molto forte. La vita media si attestava intorno ai 40 anni.

Ora se osserviamo bene, noteremo che in corrispondenza dei 50 anni è raffigurata l’immagine del Giudizio Universale, con Gesù che seleziona i buoni (in Paradiso) e i cattivi (nelle fiamme dell’Inferno).

Dai 50 in poi, infatti, iniziava la discesa: chi riusciva a superare i 60, aveva molte probabilità di vivere piuttosto a lungo, anche fino ai 90. Poi, il gradino più alto.

Questo, il ciclo della vita come doveva apparire nella mente degli uomini del Seicento, ma che risulta assolutamente attuale anche ai nostri giorni.

Nasciamo tutti con la speranza di vivere il più a lungo possibile. Poi basta un microrganismo, un virus con un ridicolo acronimo, a mettere in dubbio quella sensazione di onnipotenza cui uno stato ottimale di salute ci fa credere.

E a questo proposito, si noti anche come le ultime tre età dell’esistenza, quelle più deboli, sono sotto lo sguardo vigile di una civetta, bellissimo uccello, che – com’è noto – nella cultura religiosa popolare era (lo è ancora purtroppo) associato all’idea della morte.

In realtà, come sappiamo benissimo – e la pandemia ce lo ha tristemente confermato – gli ultra settantenni sono le persone più deboli. Anche lontano dagli sguardi di bellissimi animali notturni.

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