Le età dell’uomo secondo Francis Quarles

postato in: Bibliofilia, Simbologia, Soggetti | 1

Potremmo dire che gli anni che stiamo vivendo sono caratterizzati da due fasi dell’esistenza: la prima, che va dalla nascita alla giovinezza, la seconda che prosegue fino alla morte. Non ci credete? Fatevi un giro fra i vostri contatti social, osservate le foto e leggete i commenti. La vita del XXI secolo si svolge on line: tutti belli, anzi bellissimi ma soprattutto intelligenti e acculturati. Chi non ha mai postato – o non ha avuto almeno una volta la tentazione di farlo – una frase di qualche personaggio illustre, alzi la mano! Alcuni li utilizzano per comunicare i propri pensieri in modo criptico, quali novelli Messia, secondo il codice evangelico “chi ha orecchie per intendere, intenda”.

Nei secoli XVII e XVIII i social non esistevano, gli appartenenti al popolo (anche quelli belli) erano brutti, l’ignoranza regnava sovrana e la vita era breve. Nel Seicento la vita media era sui quarant’anni e chi riusciva a superarli, evidentemente essendo sopravvissuto a varie malattie e alle guerre, aveva l’aspettativa di arrivare ai settanta.

Le incisioni che vi sto mostrando sono tratte da un’opera in lingua inglese, dal titolo EMBLEMS – Divine and Moral, together with HIEROGLYPHICKS of the Life of Man del poeta Francis Quarles (1592-1644), nell’edizione del 1736 (la prima edizione risale al 1635).

Ognuna di esse raffigura la vita in forma di una candela accesa, che col passare del tempo diventa sempre più corta, fino a spegnersi. Osserviamole attentamente.

La prima è riferita all’infanzia. La candela è nel suo massimo splendore, ai lati potete notare la luna. In basso, piante fiorite e sull’altra riva del fiume una culla portatile. Il numero dieci, in cifra romana, sta a indicare la prima fase, dalla nascita ai dieci anni. La didascalia ricorda che Ut Luna, Infantia torpet: l’Infanzia è intorpidita, come la Luna. Secondo la mitologia greca la luna era dominata dalla dea Selene, la cui bellezza rimbambiva. Ancora oggi nel nostro Meridione si usa il termine ‘nzallanuto, derivante appunto da “inselenito”, per indicare una persona poco sveglia. Secondo questa concezione, l’infante è incapace di agire e di ragionare.

La seconda incisione raffigura i vent’anni (XX). Ai lati della fiamma il simbolo alchemico dell’ermafrodito e a destra il pavone che simboleggia la bellezza e l’immortalità: a quest’età non si pensa certamente alla morte, al contrario ci si sente forti e indomiti (come il cavallo che vedete sulla destra). La pianta è diventata un albero robusto e fiorito. La didascalia dice: Proles tua Maia, Iuventus, la giovinezza è una tua creatura, Maia. Quest’ultima era la dea della fertilità.

La terza rappresenta i trenta (XXX), caratterizzati dall’amore terreno, come chiariscono sia la didascalia sia l’arco con le frecce. Ai lati della candela, la capra e il simbolo alchemico della femmina, indicano la fertilità, così la vite che avviluppa il tronco.

La quarta incisione ci mostra una candela un po’ più corta ma ancora molto luminosa, l’energia è ancora forte, “come il sole”, annuncia la didascalia e sottolinea il simbolo alchemico del sole (il cerchio col punto), che corrisponde al metallo oro. Gli anni sono quaranta (XL). Le piante (ulivo e quercia) non sono rigogliose, ma dimostrano fortezza e maturità, oltre che sensibilità e cultura (la cetra).

La quinta immagine è riferita ai cinquant’anni (L). La guerra e le armi spirano sull’uomo, tanto da renderne incerta l’esistenza (la fiamma rischia di spegnersi, i frutti dell’albero cominciano a cadere). Ai lati della candela il simbolo alchemico maschile e il leone.

La sesta ci dice che l’uomo è ormai al tramonto, sessanta sono gli anni (LX), tanti per l’epoca. Sulla destra è raffigurata la morte nell’atto di scuotere l’albero della vita per farne cadere frutti e foglie. La fiamma è quasi spenta, la luce è flebile. Ai lati di essa un serpente spira contro e il simbolo alchemico è Giove, a cui corrisponde come metallo lo stagno, segno di mutamento e trasformazione. Invidiosa Senectus recita la didascalia, ovvero “odiosa vecchiaia”, ma anche nel significato di invidiata, per chi riesce ad arrivarci.

La settima incisione infine ci illustra il paesaggio desolato dei settant’anni (LXX). L’albero è secco, la fiamma arde ancora ma non emette una luce viva. Il simbolo alchemico è quello di Saturno, corrispondente al piombo: Plumbeus in terram, letteralmente “piombo sulla terra”, inteso anche come “scarso valore”, come la considerazione dell’uomo giunto ormai alla fine dei suoi anni naturali. Un corvo, simbolo del memento mori, porta verso la fiamma l’ultimo legnetto secco.

Così era secoli fa. Oggi i sessantenni vivono una seconda giovinezza e fanno di tutto per farlo sapere agli altri, pubblicando foto in cui sono “bellissimi”. Personalmente penso che la vita reale sia un po’ diversa da come la rappresentiamo sui social. Ma tant’è.

Se avete trovato il post di vostro interesse potete esprimere la vostra opinione postando un commento o semplicemente condividendolo su uno dei vostri profili social.

Copyright (©) Tutti i diritti riservati
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

  1. Pietro Paglia

    Con queste (giuste) riflessioni sulle stagioni della vita il dott. Gamba sta richiamando alla realtà tanti settantenni che pensano di essere ancora fermi alla quarta immagine. Un po’ di sano realismo ogni tanto non guasta!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

AlphaOmega Captcha Classica  –  Enter Security Code