Nostra Signora dell’Aspettazione del Parto

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Secondo San Basilio Magno, noto Vescovo e teologo della Chiesa, quando Dio creò Maria Vergine, la fece con un corpo più grosso, in quanto avrebbe dovuto contenere l’incarnazione di Suo figlio, Gesù Cristo.

L’iconografia del “ventre gravido” di Maria è molto antica, risale al periodo bizantino, e si ispira appunto alla Panagia Platytera, letteralmente “con il ventre più vasto dei cieli”.

Nell’ambito dell’arte devozionale, l’immagine di Nostra Signora dell’Aspettazione del Parto, venerata a Genova – la cui statua, attribuita allo scultore Tomaso Orsolino, è custodita nella chiesa dei Padri Agostiniani Scalzi di San Nicola da Tolentino – è sicuramente molto particolare.

La Vergine è in piedi, con le braccia aperte, in posizione orante, ma all’altezza del ventre, che rappresenta l’elemento più interessante: all’interno di un cerchio raffigurato dalle teste di nove cherubini, il simbolo del Trigramma IHS, sta a indicare la presenza di Gesù Cristo.

Le incisioni che state osservando, entrambe settecentesche su carta vergellata, sono la riproduzione di quella scultura, come chiarisce la didascalia stampata al margine inferiore di entrambe.

Come accennato, il tema della Vergine Gravida è piuttosto antico e affrontato da teologi e artisti, anche se raramente nelle raffigurazioni si può notare il ventre prominente della Madonna.

La terza incisione che potete osservare raffigura la Vergine in un contesto differente: ai suoi piedi tante vergini, ma quello che conta è il ventre sottolineato dai nove cherubini. A proposito del numero dei cherubini, potrebbe non essere casuale: come sappiamo, nove sono anche i mesi necessari alla gravidanza.

Identico è invece il concetto della Panagia Platytera, sottolineato dai versi in latino riportati, il cui significato è appunto: L’immenso creatore del Cielo si è chiuso nella Vergine/ affinché aprisse la via del cielo a noi preclusa/ Ave Verbo Incarnato/Per me enormemente umiliato/A Te il cuore non sia ingrato. (la traduzione è mia).

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